Quando entrano in campo i simboli, il dialogo è impossibile. Il dialogo razionale può esserci solo con l’esclusione del simbolico e l’uso di parole dal significato univoco per tutti i popoli. Su questa base l’occidente ha costruito lo sviluppo scientifico e tecnologico e l’assetto attuale della società euroamericana.
Italo Leone
E’ uscita sul Corriere della Sera del 12 gennaio 2015 una intervista di Pier Luigi Battista a Giuliano Ferrara. Di solito Battista è molto misurato nei giudizi e Ferrara uno di quelli che amano le parole forti e lo scontro verbale. Eppure Battista ha riportato, senza polemica, le parole di Ferrara.
Riporto l’inizio dell’intervista: “Caro Giuliano Ferrara, lei che esorta a usare una «violenza incomparabilmente superiore» per sgominare i terroristi…
«Alt, la fermo subito perché sta commettendo il solito errore. Guardi questo articolo che ho appena finito di scrivere: Je suis Kouachi, Je suis Coulibaly. Sono impazzito? No, ma sono contrario a definirli terroristi. Sono guerriglieri, combattenti, militanti islamici che applicano alla lettera la legge sacra fissata nei testi coranici. Erano ragazzi di strada, rapper che inseguivano un successo impossibile, con la testa confusa, uno di loro era riuscito addirittura a farsi ricevere da Sarkozy. Ma poi, con un processo di conversione guidato dalla rete di cellule in cui si predicano i precetti del purismo islamista, questi ragazzi trovano un senso, una missione. Si organizzano e si votano alla morte, quella degli infedeli da ammazzare e quella propria da sacrificare nel martirio. Come gli shàhid che si fanno esplodere davanti a una pizzeria di Tel Aviv o buttano già le Twin Towers schiantandosi con gli aerei».
E’ nella terminologia che si combatte questa guerra, perché di guerra in fondo si tratta. Non una guerra tradizionale con stati che mandano la dichiarazione di guerra come si usava fino alla seconda guerra mondiale. Settanta anni di guerre in M.O. ci hanno insegnato che non funziona più così, e che le guerre si possono combattere e vincere anche con la propaganda televisiva e con internet.
Il messaggio e il modo in cui il messaggio è veicolato fanno parte della guerra in una società di massa.
E se la tecnologia è ancora prevalentemente occidentale, i messaggi del cinema, della televisione, di internet o dei giornali non sono neutrali: orientano le menti e i comportamenti in una direzione o in un’altra e lo fanno a livello planetario, indifferenti come il vento alle frontiere nazionali.
Due secoli e mezzo di cultura illuministica ci hanno abituato all’idea che religione e politica devono occupare due sfere separate, che lo stato laico fa le sue leggi senza dipendere dal potere delle religioni, e che così in uno stato possono convivere più religioni sotto l’unica legge civile dello stato.
La libertà religiosa trova un limite nella legge dello stato, ma non è andata sempre così. Anche nella nostra ‘civile’ Europa fin dal quarto secolo d.C. il Cristianesimo, prima perseguitato dallo Stato, è diventato persecutore dei pagani e dei cristiani non allineati e così si è andati avanti nel corso dei secoli.
I testi sacri delle tre religioni monoteiste non sono sempre esempio di tolleranza e di pace. L’antico testamento gronda di violenza guerriera e di disuguaglianza di genere. Nella stessa Santa Messa che si celebra ogni giorno, il Dio invocato nel testo originario, è il Deus Sabaoth, letteralmente Dio degli eserciti, che è stato a fianco di Mosè e Giosuè, Saul e Davide nella conquista militare della Terra Promessa. E se qualche accenno di violenza nei Vangeli cristiani è temperato dal comandamento dell’amore, nel Corano l’eredità dell’Antico Testamento è più evidente.
In Corano IX:5, il cosiddetto versetto della spada è scritto: “Quando poi saranno trascorsi i mesi sacri, uccidete questi associatori (gli idolatri) ovunque li incontriate, catturateli, assediateli, tendete loro agguati. Se poi si pentono, eseguono l’orazione e pagano la Decima, lasciateli andare per la loro strada, poiché Allah è perdonatore, misericordioso”.
Pare che per i credenti nella Scrittura, ebrei e cristiani, ci possa essere più clemenza: “Combattete coloro che non credono in Allah e nell’Ultimo Giorno, che non vietano quel che Allah e il suo Messaggero han dichiarato illecito, e coloro, tra la gente della Scrittura, che non scelgono la religione della verità, finché non versino umilmente il tributo, e siano soggiogati.” (Corano, IX:29)
E poi in Corano II:256: “Non c’è costrizione nella religione: la retta via ben si distingue dall’errore. Chi dunque rifiuta l’idolo e crede in Allah, si aggrappa all’impugnatura più salda senza rischi di cedimenti. Allah è audiente, sapiente.” (da Il Corano, Ed. Newton Compton 2007)
Insomma, come per il Cristianesimo, anche per l’Islam è l’interpretazione che determina il senso del messaggio, che può essere tranquillamente inteso in tanti modi secondo l’obiettivo che si persegue, perché i messaggi delle religioni restano nel simbolico, e ciò che è simbolico è fuori dalla logica del discorso razionale o scientifico.
Il fatto è che la simbolica di un occidentale non è la simbolica di un islamico, e non è la simbolica di tanti popoli lontani da noi.
Certo è gratificante andare in giro a dire che bisogna rispettare il pensiero e la religione degli altri, ma questo è possibile solo quando si esce dal simbolico e si entra nella visione storicistica del relativismo dei valori e dei punti di vista che ci determinano culturalmente. E’ solo su questo piano che il dialogo interculturale e interreligioso è possibile.
Le religioni tutte hanno esercitato un ruolo fondamentale nello sviluppo della società umana, ma sono state anche spesso usate per coprire interessi che con la religione non hanno molto a che fare. Il mondo islamico è profondamente diviso al suo interno tra sette in lotta tra loro, ma anche tra un’attrazione verso il modello tecnologico e illuministico dell’Occidente e il timore giustificato che quest’attrazione snaturi la società islamica.
E anche nel mondo occidentale, accanto ai toni trionfalistici dei grandi progressi della scienza e della tecnica, spunta qua e là lo smarrimento di tanti giovani che in questa società non trovano risposte a quei bisogni di ulteriorità che trovavano solo nella religiosità una risposta.
Se è così potrei essere d’accordo con Giuliano Ferrara. Definire terroristi i responsabili delle stragi è adottare il punto di vista occidentale; se vogliamo capire dobbiamo anche adottare il punto di vista dell’Islam, e allora dobbiamo parlare di “guerriglieri, combattenti, militanti islamici che applicano alla lettera la legge sacra fissata nei testi coranici”. In quest’ottica potrebbe anche essere una guerra di autodifesa.