G7 e questione ambientale

Solo la voce di Papa Francesco si è levata chiara e decisa nella denuncia di una situazione che, nell’egoismo degli individui e nella voluta cecità dei governanti, continuerà a peggiorare se non si impongono limiti alla ‘crescita’ e regole allo sfruttamento delle risorse del pianeta.

Italo Leone

E’ sui giornali di questi giorni una notizia preoccupante: sull’isola di Henderson Island  sperduta nell’immensità del Pacifico, dichiarata quasi trenta anni fa patrimonio Unesco per la sua natura incontaminata, si è depositata una enorme quantità di plastica, rifiuti  provenienti da tutti i continenti e da tutti i paesi dove impera la cultura dell’usa e getta.Diciotto tonnellate di plastica sparse su un piccolo territorio hanno deturpato questo piccolo paradiso terrestre, creando seri problemi alla flora e alla fauna della terra e del mare.
Di fronte a tale catastrofe, che potremmo considerare un’anticipazione di ciò che attende le prossime generazioni, il recente G7 di Taormina non ha trovato una voce comune per indicare una via da percorrere per invertire o almeno rallentare questo processo che riguarda ormai tutti i Paesi. In nome del consenso facile e della crescita economica progressiva, gli Stati Uniti e alcuni dei Paesi in via di sviluppo, nascondono il problema o ne riducono l’urgenza e la gravità.
D’altra parte il G7, a chi guarda oltre la passerella dei VIP e delle loro mogli o compagni, non riflette più ormai da tempo la realtà economica e finanziaria di un mondo globalizzato, in cui il futuro appartiene ormai a tanti altri Paesi emergenti.
Solo la voce di Papa Francesco si è levata chiara e decisa nella denuncia di una situazione che, nell’egoismo degli individui e nella voluta cecità dei governanti, continuerà a peggiorare se non si impongono limiti alla ‘crescita’ e regole allo sfruttamento delle risorse.
Riprendendo i moniti dei  Pontefici che l’hanno preceduto, Papa Francesco ha intitolato una sua Enciclica Laudato si’, con evidente richiamo al Santo del Medioevo da cui ha preso il nome e di cui riprende il richiamo al vangelo di Cristo e al suo messaggio di semplicità e di amore per il creato. San Francesco nel noto Cantico delle Creature innalzava un inno di lode al Dio creatore di una Natura certo utile all’uomo ma anche bella da guardare, ‘casa comune‘ degli uomini e di tutte le altre creature che abitano la Terra e che, create da Dio, sono pertanto fratelli e sorelle dell’uomo.
In tutti i Paesi cristiani la devozione dei credenti per San Francesco scaturisce oggi anche dall’attualità del messaggio del Santo in un mondo in cui la Natura è sottoposta a una violenza tecnologica che ha dimenticato il rapporto originario di coabitazione armoniosa tra l’uomo e il resto del creato.
Investita da cambiamenti epocali, la Chiesa postconciliare ha riscoperto alcuni aspetti del messaggio cristiano dimenticati o messi da parte nei tanti secoli in cui l’umanesimo cristiano e l’umanesimo rinascimentale avevano assegnato all’uomo una posizione di privilegio al centro del creato e di dominio assoluto sulla Natura.
Oggi sappiamo che la Terra non è al centro dell’Universo, ma è solo un piccolo pianeta alla periferia della nostra Galassia, una tra milioni di galassie, ognuna con miliardi di stelle come il Sole.
Ed è da presuntuosi immaginare che il buon Dio abbia creato questa innumerevole quantità di stelle solo per noi, assegnandocene il dominio.
La scienza e la filosofia del XX sec. e due devastanti guerre mondiali hanno ridimensionato la grande presunzione dell’uomo e, anche se in modo diverso, ci inducono a credere che dobbiamo avere maggior rispetto per le creature che insieme a noi viaggiano in questa navicella spaziale che chiamiamo Terra e, come è scritto nell’Enciclica, è la nostra ‘casa comune‘.
Mi piace concludere queste semplici osservazioni con la parola del Papa, che recupera l’antico concetto della sacralità della natura che ci circonda: «E’ nostra umile convinzione che il divino e l’umano si incontrino nel più piccolo dettaglio della veste senza cuciture della creazione di Dio, persino nell’ultimo granello di polvere del nostro pianeta».

 

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