Dalla dispersione alla fratellanza scout

Come si fa a dire che non si è razzisti nei confronti del colore della pelle, quando  si guarda al colore dell’uniforme?

Francesco Marchetti

E storia nota che nel 1974 fu decisa la fusione delle due associazioni cattoliche (ASCI e AGI) con la conseguente nascita dell’ l’A.G.E.S.C.I. (Associazione Guide E Scout Cattolici Italiani ) che insieme al CNGEI, come FIS, entrò a far parte dell’’Organizzazione Mondiale del Movimento Scout (OMMS/WOSM). Ma è altrettanto noto che nel 1975, solo due anni dopo la fusione di ASCI e AGI, alcuni gruppi più legati alla tradizione dello scoutismo cattolico, si staccano e firmano a Roma la nascita dell’Associazione Italiana Guide e Scout d’Europa Cattolici, aderendo al  progetto della Federazione dello Scoutismo Europeo (FSE).

Tuttavia la FSE non fu la sola associazione nata da una scissione. Nello scoutismo italiano, a partire dalla fine degli anni Settanta continuarono a formarsi ulteriori realtà associative, spesso a carattere locale e regionale. Queste derivavano in parte da frammentazioni dalle associazioni maggiori, in parte da situazioni contingenti delle realtà locali. Nel 1986 alcune di queste piccole associazioni scout italiane si riunirono su base federativa dando vita alla FederScout, originariamente denominata Federazione Scautistica Italiana. Nel 1997 a Roma si costituì l’A.S.C.I. (Associazione Scautistica Cattolica Italiana) – Esploratori d’Italia. Nel 2008 alcuni gruppi si staccarono da questa associazione e, insieme ad altri gruppi che avevano abbandonato in precedenza l’associazione,  fondarono: L’ASCI Esploratori e guide d’italia ((Associazione  Scout Cattolici Italiani). Attualmente mentre “L’Associazione Scautistica Cattolica Italiana” aderisce sul piano internazionale alla C.E.S.: Confédération Européenne de Scoutisme. La FederScout e “L’A.S.C.I. Esploratori  e Guide d’Italia”, insieme ad Assiscout e Assoraider, aderiscono alla W.F.I.S:  World  Federation  of  Independent  Scouts. Molte altre associazioni scout a carattere locale o regionale aconfessionale o confessionale sono nate in questi anni (un calcolo approssimativo e per difetto le fissa in 50)  e sono oggi attive in Italia, se non sono state citate in questo testo è solo per ragioni di spazio editoriale e non per altri motivi, ce ne scusiamo.

Fin qui non abbiamo detto nulla di nuovo e non è certo in a questa sede che possiamo riassumere tutte le problematiche che la frammentazione dello scoutismo cattolico ha provocato. Qui vogliamo invece evidenziare il fatto che queste piccole realtà associative e gruppi isolati sono sempre stati visti con antipatia e sospetto dalle associazioni maggiori. Localmente  le associazioni più grandi in termini di associati si sono messe ad osteggiare la nascita di nuovi gruppi scout che non si riconoscevano  nell’una o nell’altra realtà. In maniera inconfessata, ma concreta, si è fatta strada il retropensiero: “ci siamo già noi, quindi voi non passate”. Tanto che noi Adulti Scout non impegnati in associazioni giovanili ci siamo sentiti spesso rivolgere, da Capi sconfortati da questi tipi di veti, la domanda: “come si fa a dire che non si è razzisti nei confronti del colore della pelle, quando qui si guarda al colore dell’uniforme?”. E in effetti non abbiamo potuto dar loro torto. Nel mondo scout il principio per cui “il numero è potenza” dovrebbe essere bandito e relegato a tempi oscuri della nostra storia nazionale. Se un gruppo di Capi decide di non affiliarsi né all’una, né all’altra delle Associazioni maggiori per numero di associati perché osteggiarli in modi poco ortodossi e ancor meno scout? In cosa consta la paura? Nel rispetto reciproco, c’è spazio per tutti. o no? Vogliamo insieme riflettere sul dato di fatto che sempre più gruppi decidono di non stare né dall’una, né dall’altra parte, non sarebbe ora di mettersi intorno a un tavolo e cominciare a domandarsi il perché?  Non vorremmo essere facili profeti, ma se come dice B-P guardassimo lontano e poi ancora più lontano, oltre il proprio “io”, ci si accorgerebbe che questi piccoli gruppi e queste piccole associazioni si  stanno federando tra di loro per tutelarsi, per non sentirsi più soli, per sentirsi parte di un qualcosa, per sentirsi riuniti sotto un’unica bandiera e sotto un’ Ideale che si sente maggiormente proprio. Negli ultimi anni la W.F.I.S. ha esponenzialmente aumentato i numeri: dai 200.000 nel mondo del 1997, si è passati oltre due milioni nel 2014 e oggi si stima che siano sei milioni. E La WFIS Italia non è certo stata a guardare! Sempre più associazioni hanno chiesto e stanno chiedendo l’affiliazione e non è più tanto raro il vedere il giglio giallo su sfondo romboidale verde girare per la nostra Penisola. Sostenere il contrario o far finta di niente, continuare a dire: “non dureranno”, “non sono scout”, “che facciano quel che vogliono, tanto sono quattro gatti”, “non ci riguarda”, non risolve certo questo stato di cose.

Sappiamo che altre “piccole associazioni” locali stanno seriamente pensando di entrare in questa “terza colonna” dello Scoutismo Italiano che è diventata la W.F.I.S. Non ci stupiremmo se da  qui ai prossimi due o tre anni, la W.F.I.S. Italia cominciasse a contare 10.000 iscritti.  Ci domandiamo: è possibile che non ci si interroghi sul perché di queste dispersioni numeriche che vanno ad accumularsi in altre terze realtà? Non ci si accorge che la  reciproca non accettazione porta anche a questo? Ormai, dobbiamo prendere atto di questa “terza colonna scoutistica” operante sul territorio, che ha di certo la sua da dire e che ha di certo i suoi progetti, la propria voglia di esistere con i propri ragazzi, che quando cresceranno saranno essi stessi W.F.I.S. e si ricorderanno di quando non erano accettati dalle altre grandi realtà.  Forse è arrivato davvero il momento di cominciare a riflettere insieme, cercando delle soluzioni condivise che possano portare lo scoutismo italiano dalla dispersione alla rispetto reciproco. Dopo tutti questi anni abbiamo visto che la non accettazione non funziona. Ci sono regioni in cui i responsabili di  una  associazione a carattere nazionale fanno pressioni sul clero locale per impedire la nascita di nuovi gruppi locali e a volte ci riescono, ma certi gruppi non demordono e aprono lo stesso e se da una parte trovano chiuso, dall’altra trovano la W.F.I.S. che li supporta e che spalanca loro le braccia, come  dovrebbe essere tra scout fedeli alla stessa Promessa. E la fuga centripeta dalle due grandi associazioni continuerà, facendo ingrossare le fila di questa terza colonna scoutistica che tanto più timida non è. Eppure accorgersi di questo non sarebbe tanto difficile. A furia di prender sottogamba la situazione, i “big” dello Scoutismo si troveranno di fronte a un terzo “big”. E intanto la storia va avanti, gli ostracizzati stanno tornando indietro con il loro coccio di esilio, il loro “ostracon”, per ribadire: “ci sono anch’io!”.

Ne vogliamo parlare tra fratelli scout che hanno fatto la stessa Promessa?

 

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