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Natale senza Cristo

Il consumo nella mangiatoia

La società occidentale è malata, e gli anticorpi naturali contro la malattia sono sempre più deboli, perché debole è la cultura che gli anticorpi li dovrebbe fornire.

Italo Leone

Ci sono momenti nella storia in cui accade qualcosa – una guerra, un nuovo pensiero filosofico o un nuovo credo religioso, una scoperta scientifica o l’uso di una nuova tecnologia – che determina un nuovo modo in cui un popolo o più popoli guardano al mondo e alla loro stessa condizione nel mondo.

Per noi occidentali questo è accaduto quando nel seno della cultura greca fu elaborata una concezione del mondo che poteva spiegare gli eventi non con i racconti mitologici, ma con il logos, la ragione.

Entrò nella storia il sapere filosofico, che per quei tempi era un sapere scientifico, e noi abitanti della Magna Graecia ricoprimmo in questa rivoluzione un ruolo importante con Parmenide, Pitagora, Empedocle.

Il Cristianesimo segnò poi per l’Occidente un altro passo importante: le coscienze dei popoli europei, lentamente, furono unite in una medesima fede religiosa che mirava alla salvezza dell’anima per i credenti e guardava ottimisticamente a un futuro in cui la giustizia e la carità cristiana avrebbero pervaso gli animi dei popoli. Sappiamo che non è andata così; ma ancora nel Settecento, con la Rivoluzione americana e poi francese, i valori cristiani trovarono accoglienza nelle laiche costituzioni degli stati più importanti e oggi sono alla base della Dichiarazione universale dei Diritti degli uomini tutti senza distinzione, e sono presenti nella Costituzione italiana.

Ma ora, nel terzo millennio, pare che questi valori siano appannati o assenti nelle coscienze di quei popoli che lottarono per affermarli. Non c’è sera che la televisione non ci presenti scene di violenza nelle famiglie, nella scuola, negli ospedali, nelle discoteche, o più velatamente scene di miseria e di solitudine.

La società occidentale è malata, e gli anticorpi naturali contro la malattia sono sempre più deboli, perché debole è la cultura che gli anticorpi li dovrebbe fornire.

La cultura non è un coacervo di informazioni che ci fanno conoscere il mondo o una porzione di mondo per dominarlo e sfruttarlo per i propri interessi, come avviene oggi in particolare con le grandi multinazionali che governano il mondo; un mondo globalizzato  che i deboli governi nazionali presumono di governare con proclami retorici e astratti.

Ce lo ha insegnato la Grecia di Tsipras, la Brexit della Gran Bretagna, la Francia dei ‘gilet gialli’, l’Italia di chi afferma che lo ‘spread’ è insignificante, come in passato per alcuni sindacacalisti gli aumenti dei salari erano ‘una variabile indipendente’.

In tutta Europa i populismi avanzano: c’è un malessere diffuso che scaturisce dalla consapevolezza generale che siamo entrati in una fase storica in cui le nuove generazioni e la società tutta staranno sempre peggio; e quel che fa più paura è che le élites al governo non hanno la minima idea di cosa sta succedendo e perciò non sono in grado di gestire gli eventi.

Ma cosa c’è in comune tra tanti eventi così diversi e così lontani fra loro? Ce lo dice  Julia Kristeva, intellettuale a livello europeo:  Siamo pervenuti «alla fine della politica per come la conosciamo da oltre due secoli. Una cosa è successa molto tempo fa in Europa, e solo in Europa: la rottura del filo della tradizione religiosa. Con la Rivoluzione francese — né dio né padrone — abbiamo cancellato dio, tagliato la testa al re e messo al loro posto l’ideologia dell’umanesimo, che ha finito per diventare un valore astratto. La politica è diventata la nuova religione, con l’idea che la democrazia rappresentativa possa risolvere i problemi della felicità, della morte, dell’avvenire, l’inferno e il paradiso qui sulla Terra. Abbiamo dato alla politica responsabilità enormi, e questo modello è crollato con la Shoah e i gulag. Sopravvive a stento un’idea più ridotta della politica come gestione dell’esistente, gestione che è comunque soffocata dalla finanziarizzazione dell’economia e della rivoluzione digitale. In questo stato di cose la politica si riduce a show business o carnevale. Donald Trump ne è l’espressione, e infatti arriva ad adattarsi alla situazione meglio degli altri». (Corriere della sera 9 dic. 2018)

La fine della religione cristiana è la fine della fede nel Padre Eterno ma, dopo le contestazioni degli anni sessanta e settanta, anche di tutti i padri, da quelli che nelle famiglie vedono sempre più offuscata la propria autorità, ai Patres, deputati e senatori, sempre meno attenti al benessere comune. E’ la fine dei valori in cui i grandi partiti del secondo dopoguerra hanno creduto e da cui sono stati guidati: la libertà democratica, la giustizia sociale, la solidarietà verso i più deboli in chiave cristiana o liberalcomunista.

La crisi della figura paterna ha portato con sé l’evanescenza del complesso di Edipo ma anche, come insegna la psicanalisi  (Galimberti, Recalcati, Lacan e Hillman), il venir meno dell’Altro, inteso come accettazione del linguaggio e delle regole comuni del vivere sociale, e il depotenziamento  dei ruoli che ognuno ricopre nella vita, in nome del diritto a una libertà e a un godimento individuali senza limiti.

Padri che si comportano da amici coi figli, madri che gareggiano in spregiudicatezza con le figlie, docenti che si mettono sullo stesso piano degli alunni e fingono amicizia dove ci dovrebbe essere autorevolezza, parlamentari che affidano ai twitt  concetti e progetti politici complessi. E nel disfarsi del tessuto sociale un narcisismo dilagante sui social, un abbandonarsi ad esternazioni superficiali e improvvise nella convinzione che racchiudano il senso profondo della vita.

E’ il trionfo dell’apparire sull’essere.

Famiglia e Scuola, pilastri della società

Se queste istituzioni si svuotano di contenuto tutto va alla deriva

Renato Borelli

E’  fuor di dubbio che i due pilastri fondamentali sui quali è costruita la società sono la famiglia e la scuola. Se queste due istituzioni  vengono meno al loro ruolo formativo, tutto va alla deriva, in quanto etica e  morale si perdono perché sostituite da altri valori che valori non sono.

Affinché l’adolescente cresca in modo armonico, è necessario che il rapporto fra scuola e famiglia sia di assoluta intesa, collaborazione ed equilibrio nei ruoli.

Famiglia e Scuola 1Nei decenni addietro, la famiglia è sempre stata il punto di riferimento per i ragazzi in crescita: i genitori erano presenti nelle varie tappe di formazione dell’individuo, lo seguivano durante il suo percorso e cercavano di indirizzarlo nelle sue scelte. Allo stesso tempo la scuola, nelle figure di maestri e professori,  oltre ad impartire lezioni e “seminare” cultura, rappresentava una vera e propria istituzione, rispettata nella giusta misura; un luogo dove nozionismo e dialogo si alternavano, quasi a creare una sorta di trait d’union fra l’universo “casa” e l’universo “scuola”.
Ciò che si percepiva,  quindi,  era una sorta di continuità fra il percorso educativo che la famiglia imponeva e quello della scuola.

Con il passare degli anni, l’avvicendarsi di ministri alla pubblica istruzione di dubbia competenza, la volontà governativa di andare, con finanziamenti pubblici verso una scuola di élite, la spocchiosa illusione che la conoscenza dell’inglese e dell’uso dei nuovi strumenti tecnologici  fossero  la panacea di tutti i nostri mali, la necessità che in ciascuna famiglia fossero due le persone lavorativamente attive, i ruoli  della famiglia e della scuola sono diventati sempre più aleatori e meno definiti.

La maggior parte dei giovani si misura con una situazione familiare a dir poco annichilente: genitori assenti, compagnia dei social network o di continui sms, tate straniere che a stento parlano correttamente la lingua italiana, TV perennemente accesa, quasi a voler riempire il silenzio e il vuoto dell’assenza genitoriale, nel migliore dei casi un nonno o una nonna a far sentire che qualche brandello di attenzione si può ancora ricevere.

Dall’altro lato, quello che prima era un importante fondamento della nostra società, ha perso via via la sua autorevolezza e il suo più intrinseco significato. La scuola, che il dizionario italiano definisce come “Istituzione educativa che ha il compito di trasmettere alle giovani generazioni gli elementi fondamentali di una civiltà, di una cultura o di avviare al possesso di una data disciplina o alla pratica di una determinata professione”, ha smarrito la sua forza e con essa il potere di formare menti; inoltre, il privilegiato rapporto con le famiglie dei ragazzi, è diventato sempre più simile a una guerriglia Famiglia e Scuola 2che vede schierati da un lato i genitori, che – forse per senso di colpa – tendono a darla sempre vinta ai figli e dall’altro il corpo docente che, con fare imbranato, cerca di destreggiarsi all’interno di un ruolo che, per essere magnanimi, non gli calza proprio a pennello.

Lungi dal volere generalizzare, bisogna tuttavia prendere atto che le nuove generazioni sono ormai allo sbando: senza una Famiglia che dia un po’ di severa educazione e senza una Scuola che sappia realmente trasmettere valori, cultura e consapevolezza sociale,  i ragazzi crescono con il cervello pregno di miti e chimere che lasciano il tempo che trovano. Le adolescenti che sognano di fare le veline e a quindici anni sembrano vissute donne di 35, i maschietti che crescono con il germe della violenza in corpo e si comportano da piccoli boss mafiosi nelle loro classi e nei loro quartieri … tutto questo lascia atterriti e con molti punti interrogativi …

Dov’è la famiglia quando una tredicenne esce di casa la sera e sembra la protagonista di un film a luci rosse?

Dove sono gli insegnanti quando nelle classi si consumano veri e propri atti di terrorismo degli alunni fra gli alunni?

E poi leggiamo sui giornali di episodi di bullismo finiti in tragedia, di ragazzine adescate su internet, che han subito violenza … e di fronte a tutto ciò ci sorprendiamo, ci rammarichiamo, versiamo le classiche lacrime di coccodrillo, che prima miete vittime e poi se ne dispiace!

Di chi è la colpa di tutto ciò? Della famiglia ovvio, di noi genitori assenti e distratti, della scuola, di noi professori demotivati e stanchi… 

E no! Quei ragazzi sono i “noi” di domani, quei ragazzi sono il nostro futuro … e allora come Scuola, come Famiglia, come pilastri della società civile, abbiamo l’obbligo morale di crescerli nel migliore dei modi possibile, senza accampare scuse di sorta, al fine di rendere quei giovani degli uomini e delle donne consapevoli delle loro potenzialità e del loro valore.

Domande finalizzate a dare spazio ad eventuali interventi:

  1. Mi rendo conto che non sono stato tenero né nei confronti della famiglia, né in quelli della scuola. Se sono lontano dalla verità dov’è che ho sbagliato ?
  2. C’è un ritorno a riconsiderare il “latino” non più come una lingua morta, bensì come un punto di riferimento culturale  insostituibile e vivissimo. A vostro parere  quel complesso di valori e tradizioni, il mos maiorum degli antichi romani, codice di onore esportato nel mondo allora conosciuto, è da buttare via o, forse, da riscoprire?
  3. Il malaffare regna sovrano, la corruzione e l’illegalità dilagano, l’impunità è garantita da legge di Stato: la scuola e la famiglia sono andati a far due passi …in  giardino ?
  4. Socrate, Platone, Catone il censore, Cicerone sono diventati Robespierre da farmacia o nelle nostre scuole ai loro precetti  è dato il giusto contenuto?
  5. Ai nostri ragazzi, così cammin facendo, consegneremo un mondo di imbonitori, ciarlatani, faccendieri, troniste e cubiste. Scuola e Famiglia sapranno invertire la tendenza?
  6. In casa o tra i banchi di scuola i due mondi contrapposti – legalità, trasparenza, giustizia da una parte e malaffare, illegalità, impunità dall’altra – trovano la giusta collocazione didattica ?
  7. Scuola e famiglia continueranno a parlare in nome di niente?  Se così sarà, non c’è speranza di voltar pagina !