23 ottobre1960: Il momento fondativo di una stagione irrepetibile

60 anni fa nascevano le Guide a Lamezia Terme

Aldina Mastroianni

Lo confesso, ogniqualvolta mi trovo a passare sulla ripida salita che dal fianco sinistro della cattedrale porta a via Lissania, avverto un tuffo al cuore. Lì, infatti, nel cortiletto al di là del vecchio muro, in quelle modeste propaggini della casa canonica, hanno avuto luogo alcune esperienze fondanti della mia esistenza e di quella della mia generazione, l’apprendimento di un metodo e di uno stile di vita, di una certa visione di noi stessi e del nostro futuro. In quel luogo si svolgevano i riti di passaggio della nostra adolescenza – promesse, conquista di specialità e brevetti, passaggi di branca – che si affiancavano a quelli scolastici, allora molto più duri e selettivi.
E quante chiacchiere, quanti giochi, quando si usciva dalle riunioni;  quanti ruzzoloni (e quante risate) sugli scalini sbrecciati che portavano alla chiesa di Santa Caterina; gli stessi scalini su cui si affacciava l’appartamento in cui viveva don Saverio, con la sua incomparabile madre, donna Annetta; e noi, scendendo verso il corso Numistrano, immaginavamo che egli ci sorvegliasse, con il suo sguardo vigile e corrucciato.Come ci ricorda una sobria targa, in quel cortile, nel maggio 1960 furono celebrate le prime promesse degli esploratori dell’ASCI (Associazione Scout cattolici Italiani) .
In quella stessa primavera 1960,  stava maturando la convinzione che al movimento maschile fosse opportuno accostare un’identica esperienza declinata al femminile: un gruppo, detto anche “Ceppo” dell’AGI – Associazione Guide Italiane – che, è bene sottolinearlo, avrebbe costituito la prima esperienza di questo tipo in Calabria. 
Tale convinzione fu portata avanti innanzitutto da don Saverio Gatti, che insegnava nel Liceo Classico Francesco Fiorentino e aveva modo così di incontrare quotidianamente ragazze e ragazzi del variegato mondo studentesco e aveva già fondato il Riparto maschile, scorgendo nel metodo di Baden Powell una proposta educativa che guardava alla formazione della persona nella sua globalità.

Decollatura, estate 1960: il primo nucleo del Nicastro I con alcuni guidoni rudimentali.

La convinzione fu fatta propria da un gruppo di giovani donne coraggiose, che seppero portare avanti la loro iniziativa sfidando luoghi comuni e una ristretta mentalità piccolo-borghese che permeava la città negli anni 50-60. Erano studentesse, insegnanti, che provenivano per lo più dalla gioventù Femminile di Azione Cattolica. Quattro di esse – Nunziella Bambara, Lisa Bambara, Nellina Truzzolillo, Enza Moraca – avviarono una fitta corrispondenza con Cecilia Gennari Santori, allora Capo Guida dell’AGI, onde poter gettare le basi della nuova associazione.

                          Estate 1960, uscita del Cerchio

Nell’estate del ’60 cominciarono le prime attività, sia all’aria aperta che nella sede dell’ Associazione, al fine di far conoscere le finalità e il metodo educativo scout, e selezionare nel frattempo le prime iscritte: si ricorda a tal proposito una passeggiata al Soccorso, poco dopo la chiusura delle scuole per le vacanze estive, cui parteciparono molte bambine, guidate da Nunzia Bambara; mentre le guide si spingevano fino al passo di Acquavona, in una delle loro prime uscite.

Estate 1960, uscita delle guide ad Acquabona

In quegli stessi mesi l’ASCI si trasferiva in alcuni locali del palazzo Vescovile, cedendo la vecchia sede alla neonata associazione femminile. Ricordo ancora l’impressione che mi fece entrare per la prima volta nella sede delle coccinelle, al pianoterra: sulla parete di fronte all’ingresso era dipinto, quasi a grandezza naturale, un albero; su quella laterale, una tenda da campeggio con tanto di picchetti. In quelle due immagini erano riassunte, in modo essenziale, le caratteristiche del metodo scout.
In agosto Nunzia Bambara e Letizia Cardamone parteciparono a un campo di formazione a Mangiarrosto, località dell’Appennino in provincia di Piacenza.

Agosto 1960, campo di formazione a Mangiarrosto (PC)

Quando Nunzia e Letizia rientrarono dall’esperienza, alquanto impegnativa, di Mangiarrosto, per mettere in pratica tutte le novità – fu ritenuto necessario un breve campo di tre giorni, che si svolse nel seminario estivo di san Bernardo (Decollatura), nel mese di settembre. Le novità di cui si è parlato riguardavano soprattutto le Coccinelle: nei primi mesi di attività, infatti, si era avuto come modello “Il libro della Giungla” di Kipling, alla stessa stregua dei Lupetti. Da allora in poi niente Akela e Baloo, ma semplicemente Capo Cerchio e Assistente Ecclesiastico. Il programma del Cerchio era ispirato al sentiero, al bosco; il primo grado cui si accedeva era la Promessa, si continuava con la conquista del Mughetto e poi della Genziana. Non avendo più un testo di riferimento, nelle varie situazioni le Capo dovevano ricorrere, volta per volta, alla propria creatività.
Quando si ritenne che il periodo di apprendistato fosse completo, tutto era pronto per la Promessa di 18 guide, 6 scolte e 15 coccinelle, con cui veniva sancita la nascita dell’AGI Nicastro I. La cerimonia si tenne in una luminosa mattinata d’autunno, il 23 ottobre 1960. Poiché Nunzia e Letizia non erano ancora capo effettive, si rendeva necessaria la presenza di una figura di più alto grado che potesse “accogliere” le promesse. Arrivò perciò da Roma Maria Luisa Cassinis, Commissaria Nazionale dell’AGI, donna che colpiva per il suo portamento, alto e slanciato, e per l’affabilità dei modi. 

La prima, storica foto del Cerchio.

Fin dall’inizio il Cerchio, formato da bambine tra gli otto e gli undici anni, fu affidato alle cure di Nunzia Bambara (che lo seguì per molti anni), coadiuvata da Teresa Angotti ed Enza Gaetano.

18 dicembre 1960, sede AGI: Il Cerchio

Si partì con due sestiglie, i cui nomi erano ispirati ai colori; ad esse se ne aggiunsero ben presto altre.
Le attività si svolgevano al pianoterra e nel cortile adiacente.

Al piano rialzato si trovava la sede del Reparto, affidato a Letizia Cardamone e Nellina Truzzolillo. Era suddiviso in quattro squadriglie formate all’incirca da sette-otto elementi tra i dodici e i sedici anni e guidate da capo e vicecapo: Gabbiani, Castori, Stelle alpine, Cigni.

                    18 dicembre 1960: guide e scolte.

Nella sede del Reparto, sistemata al piano rialzato, si svolgevano le riunioni di squadriglia e quelle di reparto, il sabato alle 17,00, si discutevano gli argomenti proposti dalle capo,  di solito riguardanti lo stile di vita scout ma anche i problemi spinosi dell’ adolescenza, a volte anche l’attualità, e si ascoltavano gli insegnamenti dell’Assistente; si allestivano per l’auto finanziamento mostre di lavoretti e creazioni artistiche, ci si organizzava per le Buone Azioni di reparto e di squadriglia, come le

18 dicembre 1960, sede AGI: l’alta squadriglia.

visite alle famiglie povere o presso i ricoveri per gli anziani e per gli orfanelli. A ciascuna squadriglia era stato assegnato un angolo: quello dei Gabbiani era compreso tra le due finestre e la ringhiera della scala; a seguire vi erano quelli dei Castori, Stelle alpine, Cigni. Le guide dovevano procurarsi i materiali per arredarlo (legno, carta, stoffe o altro) e abbellirlo con ingegnosità e buon gusto. Il percorso di formazione della guida prevedeva come prima tappa la Promessa, poi la Seconda Classe e la Prima Classe, diverse specialità e brevetti.

Le prime scolte dell’AGI Nicastro I

Il primo nucleo delle scolte era formato da quelle ragazze che, in un campo della Gioventù Femminile di Azione Cattolica, avevano cominciato a progettare – magari con una certa approssimazione ma con molto, molto entusiasmo – la nuova Associazione: Nunzia Bambara, Lisa Bambara, Letizia Cardamone, Nellina Truzzolillo, Enza Gaetano, Teresa Angotti, Enza Moraca, Rosetta Arcieri, Maria Gigliotti, Lina Gigliotti, Rosa Palmieri. Quest’ultima aveva l’incarico di Capo Fuoco quando si tenne la prima Route, nel 1961 in località Adami (Decollatura). Come sappiamo il Fuoco è ispirato alla spiritualità della Strada, in francese Route.

18 dicembre 1960 le capo dell’AGI Nicastro I

Tutte noi eravamo orgogliose della nostra divisa: gonnellina blu a pieghe con le bretelle, camicetta celeste e zucchetto rosso con sette punti neri per le coccinelle; le guide portavano gonna blu a teli, camicia celeste, cappellone e fazzoletto, cinturone; stessa divisa per le scolte, che sostituivano cappellone e fazzoletto con basco e cravatta. I colori del Nicastro I, giallo e verde, erano ripetuti sul fazzoletto. La divisa veniva completata dai distintivi, acquisiti con la Promessa: il Trifoglio simbolo dell’AGI; lo stemma con la scritta “Nicastro I”; su una manica era cucito lo stemma con la scritta “Brutium” sovrastato da una striscetta tricolore; sull’altra, il motto dell’Associazione, “Estote parati”. Erano tempi difficili e spesso la divisa costituiva un aggravio economico per le famiglie, e per questo motivo le divise venivano inizialmente realizzate in casa, da mamme e zie esperte nel cucito (in seguito si decise di ritirarle direttamente dalla Sede centrale dell’Associazione); ricordo le infinite discussioni sulla gonna a sei teli, la cui confezione si presentava più complicata. A questo proposito voglio qui ricordare alcuni particolari all’apparenza insignificanti, che dimostrano come intorno alla neonata associazione esisteva una “rete” formata da persone che facevano tutte riferimento alle associazioni giovanili create da don Saverio. I fazzoletti bicolori furono realizzati in pochissimo tempo da un’amica, Aurelia Furia; a cucire i primi guidoni ci pensò Maria Luzzo, durante un campeggio della Gioventù Femminile di Azione Cattolica a Decollatura: i bastoni vennero ricavati dai rami trovati nel bosco; era toccato invece a Franca Mastroianni, amica dalla squisita ospitalità, preparare un pranzo per la Dirigente Nazionale, Maria Luisa Cassinis, in occasione della cerimonia di cui si è già parlato. Alcune di queste amiche, e altre, in seguito si occuparono della cucina nei campi estivi.
Vedere ragazze in divisa suscitava non poche ironie nell’ambiente nicastrese, in cui ogni novità era accolta con scetticismo. Alcuni accostavano con sarcasmo le Guide alle Giovani Italiane: i ricordi del Ventennio fascista erano ancora piuttosto vivi. Ma era tale l’entusiasmo destato dalla nuova associazione, tanto il numero delle nuove richieste di iscrizione da parte di bambine e ragazze di diversa estrazione sociale, da rassicurare i capi sulla bontà di quella che si presentava come una vera e propria avventura.  Soprattutto, era molto forte la fiducia che destava la figura di Don Saverio, che veniva visto da parte di tutti come garante dell’Associazione.
Della promessa del 23 ottobre 1960 non esiste, che si sappia, una documentazione fotografica. Esiste invece un ricordo “scritto” riportato sulla prima pagina dell’Albo D’Oro della squadriglia dei Gabbiani, un giornale di bordo redatto da chi scrive questo articolo e da Gaetanella Pileggi nei primi anni sessanta.
“Nicastro, 4\11\1961
Promessa e primo anniversario del Nicastro I.
23 ottobre 1960: “Possa questa associazione, che si è testé formata, non conoscere la parola fine.”
4 novembre 1961: Un anno con questo auspicio è ormai passato. Oggi nuove promesse, coccinelle che passano guide, guide che passano scolte…”
La frase riportata tra virgolette (Possa questa associazione…) fu con ogni probabilità pronunciata da don Saverio o dalla stessa Cassinis.

Dicembre 1960 (o gennaio 1961): una Promessa

Un servizio fotografico vero e proprio fu eseguito in un evento successivo al 23 ottobre, e precisamente il 18 dicembre 1960, in cui probabilmente si celebrarono alcune promesse e la cerimonia dei passaggi.
Da queste foto si può facilmente evincere la composizione delle tre branche, Cerchio, Reparto e Fuoco, dell’Alta Squadriglia, della Comunità Capi.

L’esperienza dell’AGI a Lamezia Terme durò come sappiamo pochi anni: nel 1974, infatti, ASCI ed AGI confluirono in unica Associazione, l’AGESCI. Ma quest’esperienza ebbe una sua peculiarità, rappresenta un patrimonio che non poteva andare disperso.
 E’ perciò giusto o addirittura doveroso che, da parte di chi ebbe un ruolo in quella storia, piccolo o grande non importa, vi sia il tentativo di ripercorrerne i momenti essenziali, di gettare una luce su un periodo così importante della nostra vita, prima che esso finisca definitivamente nell’oblio.

 

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