Da una rilevazione dell’istituto demoscopico Swg (commissionata dalla Conferenza delle Regioni, realizzata il 15 e 16 febbraio) emerge che solo il 22% degli italiani è «ben informato» sul referendum sull’estrazione del petrolio, il 40% ne ha solo sentito parlare «vagamente» e il 38% non ne è a conoscenza.
L’articolo che segue vuole essere un piccolo contributo informativo sull’argomento.
Francesco Marchetti
Il prossimo 17 aprile tutti i cittadini saranno chiamati a esprimersi con un referendum popolare sull’attività di ricerca ed estrazione di idrocarburi nelle acque del nostro Paese entro 12 miglia marine dalla costa.
Come mi hanno insegnato i miei Scout Master, sono fermamente convinto che un movimento scout, che ha come compito primario quello dell’educazione permanente, non debba plagiare le persone, ma aiutarle con una corretta informazione a votare con libera e quindi informata coscienza. Vi offro pertanto un mio piccolo contributo informativo.
Quanto al dovere morale di andare a votare con coscienza informata per il SI o per il NO, ritengo che non ci debba mai sottrarre a questo diritto-dovere di ogni cittadino che sia (e voglia rimanere) libero, essendo il voto cosciente ed informato la massima espressione a difesa della propria e altrui libertà.
Buon voto a tutti.
REFERENDUM TRIVELLE, COSA SI DECIDE
Il referendum popolare sulle trivellazioni riguarda l’attività di ricerca e di estrazione degli idrocarburi nelle acque italiane entro 12 miglia marine (circa 22,2 km) dalla costa. L’unico quesito sul quale dovranno esprimersi gli elettori è relativo alla possibilità che le attività di coltivazione di idrocarburi in zone di mare entro le 12 miglia proseguano (nel rispetto degli standard di sicurezza e di salvaguardia ambientale) per tutta la vita utile del giacimento. Il referendum riguarda solo i giacimenti già esistenti, perché la richiesta di nuove concessioni per estrarre a ridosso della costa già è vietata.
REFERENDUM TRIVELLE, COSA VIENE CHIESTO AGLI ELETTORI
Il comma 17 dell’articolo 6 del decreto legislativo n. 152 del 2006 vieta espressamente le «attività di ricerca, di prospezione nonché di coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi» entro 12 miglia marine dalla costa. Ma la legge di Stabilità 2016 (la n. 208 del 2015) ha stabilito (al comma 239 dell’art. 1) che gli impianti che già esistono entro quella fascia costiera possono continuare la loro attività fino all’esaurimento («per la durata di vita utile») del giacimento. Il quesito referendario, dunque, recita: Volete voi che sia abrogato l’art. 6, comma 17, terzo periodo, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, “Norme in materia ambientale”, come sostituito dal comma 239 dell’art. 1 della legge 28 dicembre 2015, n. 208 “Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2016)”, limitatamente alle seguenti parole: “per la durata di vita utile del giacimento, nel rispetto degli standard di sicurezza e di salvaguardia ambientale”?
REFERENDUM TRIVELLE, COME È NATO
Il referendum sulle trivellazioni è nato grazie all’impegno di ben 9 Regioni: Basilicata, Calabria, Campania, Liguria, Marche, Molise, Puglia, Sardegna e Veneto. Per la prima volta nella storia della Repubblica un quesito referendario è stato ammesso senza la raccolta di 550mila firme ma su richiesta dei Consigli regionali. L’articolo 75 della Costituzione stabilisce che: «È indetto referendum popolare per deliberare l’abrogazione, totale o parziale, di una legge o di un atto avente valore di legge, quando lo richiedono cinquecentomila elettori o cinque Consigli regionali».
REFERENDUM TRIVELLE, COSA SUCCEDE SE NON SI RAGGIUNGE IL QUORUM
Il referendum popolare sulle trivellazioni è un referendum abrogativo. L’articolo 75 della Costituzione stabilisce che la proposta viene approvata se partecipa al voto la maggioranza degli aventi diritto e se viene raggiunta la maggioranza dei voti validamente espressi. Dunque, se l’affluenza alle urne sarà inferiore al 50% la legge resterà immutata, indipendentemente dall’esito del voto.
REFERENDUM TRIVELLE, COSA SUCCEDE SE VINCE IL SÌ
Se vince il Sì la proposta di abrogazione viene approvata. Dunque, cambia il decreto legislativo n. 152 del 2006 e viene impedito alle società petrolifere di sfruttare giacimenti di idrocarburi a ridosso della costa italiana anche oltre il termine della concessione. In altre parole, nel giro di qualche decennio verrebbe fermata l’estrazione in tutti gli impianti di vecchia concessione. I più recenti, invece, potrebbero continuare la loro attività anche per un paio di decenni. Tra gli investimenti che verranno bloccati vengono ricordati quelli relativi a tre grandi giacimenti già attivi e per i quali è previsto un potenziamento: il giacimento Guendalina dell’Eni nel Medio Adriatco, il giacimento Gospo di Edison nelle acque dell’Abruzzo e il Giacimento Vega di Edison nei pressi di Ragusa.
REFERENDUM TRIVELLE, PERCHÈ VOTARE SÌ
I sostenitori del Sì al referendum sulle trivellazioni, in primis le associazioni ambientaliste, sostengono che l’attività di estrazione va fermata per evitare rischi ambientali e sanitari. Viene chiesta in particolare una svolta netta nella politica energetica del paese abbandonando la vecchia energia fossile, considerata causa di inquinamento di dipendenza economica, di conflitti armati e di pressione delle lobby. Associazioni ambientaliste come Legambiente, Wwf e Greenpeace chiedono un’innovazione del sistema produttivo e un investimento forte sulle energie rinnovabili, un strategia adeguata per la riduzione delle emissioni decisa al recente vertice mondiale sull’ambiente COP21.
REFERENDUM TRIVELLE, COSA SUCCEDE SE VINCE IL NO
Se vince il no la legge resta immutata. Tutti gli impianti finora attivi entro 12 miglia marine dalla costa potranno continuare la loro attività fino ad esaurimento del giacimento. Alla scadenza della concessione dovrà comunque essere presentata una richiesta di prolungamento dell’attività e dovranno essere ottenuta un’autorizzazione in base alla valutazione di impatto ambientale.
REFERENDUM TRIVELLE, PERCHÉ VOTARE NO O NON VOTARE
Il fronte del No al referendum sulle trivellazioni sostiene che l’attività di estrazione non comporta particolare rischi ambentali o sanitari. Chi si oppone al quesito è convinto che nel nostro Paese sia altamente improbabile un incidente che liberi nel mare milioni di litri di greggio. Secondo il comitato contro il referendum presieduto da Gianfranco Borghini (ex deputato per il Pci-Pds e presidente della Gepi, Società per le gestioni e partecipazioni industriali) il settore degli idrocarburi potrebbe essere fonte di opportunità di investimento e portare vantaggi occupazionali ed economici. Viene inoltre evidenziato che lo stop alla produzione di idrocarburi nel nostro paese richiederebbe un aumento delle importazioni, e il maggior traffico di petroliere nei porti italiani sarebbe causa di un maggiore inquinamento.
REFERENDUM TRIVELLE, QUANTI SONO I GIACIMENTI INTERESSATI
Stando a quanto fa sapere il sito della Direzione generale per le risorse minerarie ed energetiche del Ministero dello Sviluppo Economico le concessioni di coltivazione (sviluppo e produzione) di un giacimento di idrocarburi liquidi e gassosi nel sottofondo marino sono 69 (dati aggiornati al 29 febbraio), ma la maggior parte di essere sono situate oltre la soglia delle 12 miglia, e non sono quindi interessate alla legge e al referendum. Le società titolari di concessioni di coltivazione di idrocarburi in acqua sono 7: Adriatica Idrocarburi, Edison, Eni, Eni Mediterranea Idrocarburi, Gas Plus Italiana, Ionica Gas e Rockhopper Italia.
REFERENDUM TRIVELLE, QUANDO E COME SI VOTA
Il referendum popolare sulle trivellazioni si terrà il 17 aprile. I cittadini potranno recarsi ai seggi dalle 7 alle 23. Il numero del seggio è ovviamente indicato sulla propria tessera elettorale, che in caso di smarrimento o di esaurimento degli spazi per il timbro della certificazione del voto può essere richiesta all’Ufficio elettorale del proprio Comune. Per esprimere il proprio consenso bisogna recarsi al seggio munito sia di tessera elettorale che di documento d’identità.
REFERENDUM TRIVELLE, COSA DICONO I SONDAGGI
Secondo i sondaggi, al referendum il fronte del sì vincerebbe contro il no. Ma è evidente che la maggior parte degli elettori non è al corrente o ha solo sentito parlare del quesito. Da una rilevazione effettuata dall’istituto demoscopico Swg (commissionata dalla Conferenza delle Regioni, realizzata il 15 e 16 febbraio e pubblicata sul quotidiano L’Unità) emerge che solo il 22% degli italiani è «ben informato» sul referendum sull’estrazione del petrolio, il 40% ne ha solo sentito parlare «vagamente» e il 38% non ne è a conoscenza. Tra coloro che intendono recarsi ai seggi il 78% dice di essere intenzionato a votare favorevolmente e il 22% ad esprimere voto contrario.
(informazioni e foto, liberamente tratte da archivio Ansa)