… il movimento scout in questi 50 anni di strada è stato la mia seconda famiglia, alla quale credo di aver dato qualche cosa ma dalla quale certamente ho ricevuto tantissimo …
Francesco Marchetti
(Articolo già pubblicato su Una bussola per la vita, Edizioni scout Fiordaliso, Collana Foulard azzurro, ottobre 2013)
“Semel Scout Sempre Scout”
Può sembrare banale iniziare la mia riflessione su quanto lo scoutismo possa influire nella vita di una persona, con questa, per certi versi abusata citazione; ma mi è sembrato il modo più giusto, perché essa racconta tante storie di tanti scout e quindi anche la mia storia, “una storia in cammino” lunga già 50 anni; la storia di volere imparare ad essere una persona come tutte le altre e nello stesso tempo una persona diversa dalle altre perché ha scelto di vivere la vita come servizio, con impegno e generosità nonostante gli inviti e le seduzioni che vorrebbero far valere la regola del “così fan tutti”.
“Fare tappa” e volgersi indietro dopo cinquant’anni di “strada” mi fa prendere coscienza che questa esperienza è sempre più nel mio DNA e nel DNA di chi ha avuto ed ha la fortuna di vivere e percorrere la “strada scout”. Ovviamente c’è il rischio di diventare autocelebrativi, ma ogni scout sa che dal momento in cui pronuncia la Promessa, da quel giorno esatto, inizia un cammino di impegno che diventa anno dopo anno sempre più vero e concreto. Fin dall’inizio di queste modeste riflessioni, che hanno il solo pregio della sincerità, oltre al rischio dell’ autocelebrazione, vorrei evitare anche un possibile fraintendimento e cioè che lo scoutismo sia l’unico metodo educativo efficace. Non è certamente così, e lo dico senza falsi infingimenti; del resto non c’è bisogno di essere i migliori se ciò che abbiamo vissuto in prima persona ha una valenza e una dignità tali che, senza volerlo imporre a nessuno, si augura sinceramente ad altri di vivere.
“Semel Scout Sempre Scout”
Chiaramente ciascuno rielabora con la propria originalità l’esperienza scout: per quanto mi riguarda, non vi è dubbio che essa ha lasciato una traccia indelebile nel mio modo di essere e operare. L’obbiettivo di lasciare il mondo un po’ migliore di come l’ ho trovato continua ad essere il punto di riferimento del mio “fare strada”. In particolare vi sono alcuni aspetti dell’essere stato educato con il metodo scout che mi hanno accompagnato e mi accompagnano nella vita:
La capacità di operare e crescere in “comunità” dove ci si aiuta reciprocamente e ci si sa operosamente adeguare al posso del più lento.
La capacità di saper sempre separare, anche nei momenti di duro confronto, la dignità della persona con cui ci si confronta dall’opinione che essa sostiene.
Il rispetto delle scelte collegiali anche quando esse sono molto lontane dalle proprie.
La pazienza nel gestire la crescita ed il cambiamento dei gruppi associativi in cui ci si trova ad operare, cercando sempre di favorire l’”essere comunità”.
Ed infine una visione del mondo che non finisce dentro ai piccoli confini del proprio quartiere e con essa la capacità di scoprire nuove frontiere da superare, una visione che nel “villaggio globale” che è diventato il mondo mi ha aiutato a gestire, senza traumi, il necessario cambiamento.
Ma quello che nel mio percorso educativo con il metodo scout ho appreso e applicato nella quotidianità della mia vita è prima di tutto il concetto ed il valore dell’essenzialità. La vita scout è disseminata di occasioni nelle quali fare esperienza di essenzialità. Nella branca esploratori si fa esperienza di essenzialità soprattutto nella vita da campo. Nella branca rover la bellezza e soprattutto la necessità dell’essenzialità si fa nelle route: chilometri di strada percorsa a piedi con lo zaino che ti “spacca le spalle” ma che nel suo contenuto essenziale, ti fa sentire e vivere la vertigine della vera libertà. “La strada”, come si dice in gergo “entra per i piedi”, ma capisci che il camminare ha un senso se riesci a far entrare questo andare nella testa e nel cuore.
Sono entrato nello scoutismo da esploratore quindi non ho fatto l’esperienza del lupetto, ma dopo l’essenzialità la seconda cosa che mi ha accompagnato, ma fatemi dire accompagna la mia esperienza scout con la sua ricaduta nella quotidianità del vivere, è il motto dei lupetti: “Del nostro meglio”. In questo motto, a mio parere, è sintetizzato il modo con cui, il metodo scout ti insegna a metterti in gioco nel grande gioco della vita per operare e crescere secondo il metodo dell’imparare facendo. Lo scout è tale se e quando pone fiducia in chi gli sta accanto ma anche in se stesso: se sbaglia si corregge, se cade si rialza, se si rende conto di aver imboccato la strada sbagliata, sa tornare indietro per riprendere quella giusta. Se perde, non perde l’occasione di riprendere la strada verso nuovi traguardi ideali. In questo senso un altro insegnamento importante l’ho trovato nell’ottavo articolo della legge: “lo scout sorride e canta anche nelle difficoltà” che ovviamente non significa ignorare le difficoltà di cui è inevitabilmente disseminata l’esistenza di ciascuno ma affrontare la vita con uno sguardo positivo, animato dalla speranza, che è poi la virtù cristiana per eccellenza. In tutti questi 50 anni lo sforzo è stato quello di mantenere la tavola dei valori su tre solidi pilastri: il Vangelo, il metodo del confronto, la perseveranza nel fare strada usando il metodo scout, approfondendo in questo ultimo caso l’esortazione, icona dello scoutismo, “Estote Parati – sii preparato” (e non “sii pronto”, come molti traducono) motto che se come metodo è il risultato di una preparazione manuale (il fuoco, la tenda, la cucina da campo), come scelta di vita si traduce nella pronta e capace volontà di servire il prossimo in ogni circostanza. Del resto l’estote parati dello scout cattolico riconduce a coloro che lo hanno proposto per primi, gli evangelisti Matteo e Luca (Matteo 24,44 e Luca 12,40) e al loro appello ad essere preparati all’incontro con Dio. Si tratta di impegnarsi a rispondere con generosità e totalità a quanto la sequela di Gesù propone per realizzare la propria personalità e costruire il bene comune, cioè il regno di Dio, di cui ogni cristiano è responsabile. Da tutto questo nasce quello stile sorridente anche nelle difficoltà, a cui accennavo prima e che pervade tutta la vita di uno scout nel suo divenire, nella certezza di non essere solo, anche nei momenti difficili.
“Semel scout Semper scout”
Oggi, nella vita personale, familiare, professionale e sociale la sfida più difficile è quella di essere coerenti con la Promessa e con la Legge Scout, cioè volere, sapere e continuare ad essere una persona come tutte le altre ma nello stesso tempo diversa dai più per la scelta di intendere la vita come servizio, come impegno di onestà e lealtà, come impegno di generosa donazione agli altri, agli ultimi, ai poveri, nonostante i seducenti inviti di uno stile di vita basato su pseudovalori sbandierati come libertà dalla superstizione. Certo non è stato facile soprattutto quando, ottenuta la Partenza, mi sono trovato, prima all’università poi nell’ambiente di lavoro, a guidare da solo la mia canoa, ma la strada della formazione permanente che con metodo scout ho continuato a percorrere con gli amici della comunità MASCI, mi ha aiutato a non tradire i miei ideali, a non svendere la mia dignità per il piatto di lenticchie della progressione in carriera o il rapido aumento di stipendio. Grazie alla mia comunità MASCI, ho potuto conservare gli ideali della legge scout, gli ideali della grande tradizione dello scoutismo cattolico. Ho acquisito sempre più la capacità di rispondere “eccomi” in tutte le circostanze in cui mi sono trovato, nel tentativo di portare il mio contributo, per quanto modesto, a lasciare il mondo un po’ migliore di come l’ho trovato, con la sola speranza di riuscire a lasciare sul sentiero della vita tracce visibili di un cammino di pace, di amore, di verità, di vera libertà, raccogliendo il testimone dei molti che mi hanno preceduto e sperando di lasciare il testimone ai molti che vorranno proseguire.
“Semel scout Semper scout”
In definitiva, il movimento scout in questi 50 anni di strada è stato la mia seconda famiglia, alla quale credo di aver dato qualche cosa ma dalla quale certamente ho ricevuto tantissimo. Alla domanda se ha ancora un senso “giocare agli scout” in età adulta, potrei rispondere che la vita è talmente difficile che l’unica maniera per non soccombere è di viverla come ci ha insegnato B-P e cioè come un “Grande Gioco”. Come ha scritto Piero Badaloni su RS-Servire, “anche se gli altri non rispettano le regole…e li sta il bello, continuare a rispettare le regole anche se il popolo delle scimmie ti deride per questo. Loro non lo sanno, ma alla fine è Mowgli che vince la partita”.