Considerazioni sull’importanza della narrazione nella metodologia scout.
Aldo Canino
Nella primavera del 1991 ho fatto un viaggio in nave nei Caraibi e I’ultima tappa è stata Miami. Oltre al normale giro turistico nella città, ove erano stati ambientati tanti film e telefilm polizieschi che io seguivo con passione, c’era la possibilità di fare un giro nelle Heverglades.
Le Heverglades sono quella immensa area di laghetti e stagni che oltre a pesci e volatili ospitano gli alligatori e che si visita con gli zatteroni ad elica posteriore, capaci di passare dall’acqua alla terra e viceversa ma anche di produrre un frastuono infernale tanto da richiedere l’uso di cuffie di protezione. Il giro turistico fu fatto secondo copione e quindi con grande soddisfazione degli amanti della natura come me.
L’aspetto sorprendente era costituito dal fatto che l’area era abitata, da centinaia di anni, dalla tribù dei Seminole, che si considerano una nazione indigena mai sconfitta sia dagli Spagnoli che dagli Americani. Quindi i Seminole non pagano tasse di alcun tipo, nemmeno quelle obbligatorie per frequentare le università.
La storia di questo popolo ci venne raccontata dal Capo tribù in lingua originaria tradotta in inglese da una guida. Il grande capo, indossando il costume delle cerimonie, con lo sguardo fisso oltre l’orizzonte iniziò e fini la sua narrazione con tono grave e, soprattutto, solenne. lo non conosco la lingua “seminole” e nemmeno l’inglese, ma credo di aver capito tutto di quella narrazione e di ricordare solo quella nell’ambito di uno straordinario viaggio ai Caraibi.
La narrazione è importante per la salute psicologica del narratore ma, seppure stimolante, non è questo l’aspetto che intendo approfondire.
Certamente favorisce la capacità di storicizzare e di fare memoria. Ma anche questo aspetto è marginale rispetto all’oggetto dello scritto.
Per un capo educatore scout è importante sapere che la narrazione favorisce una visione del mondo nella quale sono importanti i protagonisti con nome cognome e data di nascita e nella quale sfumano gli aspetti indeterminati e senza contorni.
Non solo: l’ascoltatore della narrazione viene costretto ad avere coscienza di sé e a confrontarsi (da protagonista) con quella narrazione.
Ogni strumento di comunicazione ha una diversa efficacia in base al target degli ascoltatori. Per la narrazione è importante la variabile dell’età: gli adulti, ma anche i giovani rover, si sentono coinvolti o provocati solo da una narrazione che ha come protagonista il narratore; la storia fantastica o quella che riguarda protagonisti lontani nel tempo o nello spazio lasciano indifferente l’adulto; al bambino invece interessa poco la storia che riguarda gli adulti ma proprio la storia fantastica ..
Per la fascia di età degli esploratori vi è maggiore spazio di manovra per la narrazione: è importante mantenersi su storie, personali o non personali, che abbiano comunque riferimento ad un piccolo gruppo come la squadriglia. Ricordo che da ragazzo seguivo alla radio con interesse “I ragazzi della via Pal”.
Sarebbe molto interessante affrontare il tema del come si narra o si creano le atmosfere, come e perché utilizzare il linguaggio colorito, le metafore e le figure retoriche come le famose “prore achee” al posto delle navi greche: ma gli scout sono narratori nati ed io provo una certa avversione per la omologazione del linguaggio e di quello colto in particolare.
Due sole raccomandazioni: la brevità e la finalità.
Essere brevi garantisce la riduzione degli elementi di disturbo come le interruzioni casuali per motivi “di servizio”.
Per la finalità bisogna precisare che la narrazione serve poco per trasmettere informazioni, qualche volta serve anche come breve premessa prima di iniziare un intervento di “saper fare”, ma il suo campo è il “saper essere”, ovvero serve per favorire una nuova visione del mondo ovvero per determinare il “cambiamento”. Chiarisce questo una considerazione di Saint Exupery: “se vuoi costruire una nave, non radunare gli uomini per far loro raccogliere il legno, per distribuire compiti e suddividere il lavoro, ma insegna loro la nostalgia del mare, ampio e infinito“.
Un terreno inesplorato della narrazione è la catechesi quando deve provvedere il capo educatore per carenza di assistenti ecclesiastici. La Bibbia ed il Nuovo testamento si prestano benissimo, ma anche la vita S.Paolo narrando a puntate i suoi viaggi ed i suoi contatti con i Filippesi o gli Efesini o i Colossesi in un mondo privo di servizi postali e altri mezzi di comunicazione, facendo quindi paragoni con l’attuale banalizzazione di internet.
Sempre a proposito di finalità, a volte nella narrazione si nascondono finalità inespresse e poco esaltanti. Negli incontri tra anziani (senza offesa, penso alle riunioni di Co.Ca., del Masci o del gruppo Tracce) abbondano le narrazioni in chiave eroica delle proprie avventure scout: frase di avvio è “ti ricordi...” che puntualmente scatena un” ti sei dimenticato di quella volta che…”. Comincia così un amarcord sfrenato che genera competizione più che un ascolto sincero. In positivo questa narrazione serve a rinsaldare i vincoli di gruppo ovvero i legami di identità, ma nasconde una finalità inquietante: quella di creare una cortina fumogena sul periodo che va da quelle imprese eroiche ad oggi. Eppure, quanto sarebbe bello oggi narrare proprio quel periodo trascorso sotto le cannonate in una trincea fangosa, tra mille dubbi e paure per sé e per i familiari e la tentazione forte della resa incondizionata o di compromessi disdicevoli.
Non c’è un limite per crescere e per cambiare senza tirare in ballo i massimi sistemi che indicano sempre un soggetto (l’Occidente, la Chiesa, l’Onu, la Scuola, il Governo o i Sindacati) che deve fare la prima mossa. E’ bello accettarci come siamo e come siamo stati, contenti oggi della fortuna sfacciata di vivere ancora tra amici che ogni tanto sparano ca..volate ma sempre vicini, mentre altrove si muore nell’indifferenza generale o si affrontano continuamente esodi biblici tra le dune del deserto o le onde di un Mediterraneo crudele.