Francesco Marchetti – Adulto scout
«L’onore dello Scout è tale da meritare fiducia. Alla parola, oggi, non si crede più. Per tanti capi di stato, per tanti messaggeri di nuove dottrine, per il figlio verso i genitori, per l’uomo d’affari, per lo studente e per l’impiegato, la parola data è solo una comoda pedina nel gioco di inconfessabili interessi. Chiunque osservi ed ascolti può averne quotidiana conferma. Di fronte ad un mondo fatto di compromessi e di troppo facili aggiustamenti, di fronte al dilagare di indulgenti restrizioni mentali che vogliono giustificare con abile dialettica ciò che in realtà non è che slealtà ed ipocrisia, noi riaffermiamo il valore della parola data. A tutti i Rover e Capi amici lanciamo questo messaggio solenne: riaffermiamo innanzitutto in noi stessi il valore di un impegno preso. Se Roverismo vuol dire allenamento alla vita e se esso deve creare in noi delle abitudini morali, facciamo sì che anche nei nostri impegni verso il Movimento, grandi o piccoli che siano, la nostra parola sia la parola». (Andrea Ghetti, Al ritmo dei Passi, Editrice Ancora, 1983)
In un tempo segnato da paure, che fanno ripiegare i più in logiche di piccolo cabotaggio, mi è sembrato giusto ricordare il pensiero di un uomo come Andrea Ghetti che, pure in contesti forse più drammatici del nostro, ha saputo sempre testimoniare la speranza.
Mons. Andrea Ghetti, il mitico Baden delle Aquile randagie e di O.S.C.A.R., era approdato nello scoutismo all’età di quattordici anni (era nato a Milano l’11 marzo 1912) ed il metodo avrebbe influenzato tutta la sua vita fino al momento della morte nel 1980 in un incidente stradale a Tours, in Francia, durante una Route: «Lo scoutismo – ricordava – mi ha impresso alcune caratteristiche che sono rimaste per tutta la vita. Una ricerca della verità anche se talvolta duramente pagata, capacità di iniziativa, la gioia del servizio, il coraggio di ricominciare sempre dopo ogni sconfitta»
Mons. Andrea Ghetti è stato non solo un vero scout, ma anche un amato Parroco, un apprezzato docente di filosofia nel Collegio Arcivescovile San Carlo di Milano, un impegnato giornalista, animatore di Milano 7, l’inserto del quotidiano Avvenire, e fondatore della rivista diocesana Il Segno di cui rimase direttore fino al giorno della sua scomparsa.
A questo proposito mi piace ricordare che nel suo ultimo editoriale scriveva: «Dobbiamo tutti reagire, il nostro assenteismo permette ad altri di scrivere la storia. Bisogna che ognuno abbia una chiara presa di coscienza del patrimonio cristiano, capace di una consolante risposta ad ogni istanza umana». Mi sembrano parole di una grande attualità.